La Baraggia di Candelo
La Baraggia rappresenta l'ultimo lembo di territorio incolto rimasto tra la pianura e i primi contrafforti pedemontani: il territorio del Comune di Candelo comprende una grande parte di questo altopiano selvaggio e suggestivo, dalle particolarissime caratteristiche geologiche e botaniche.
Per salvaguardare questo ambiente particolare, la regione Piemonte, con legge regionale n. 3 del 14.01.1992 ha istituito la Riserva Naturale Orientata delle Baragge, la quale, oltre alla tutela ed alla conservazione dell'ambiente baraggivo, è finalizzata alla qualificazione ed alla valorizzazione delle attività agricole presenti nell'area e ad assicurare la corretta fruizione della stessa.
Le vie della fede
Uscendo dalle mura del Ricetto e lasciandosi alle spalle Piazza Castello è possibile seguire anche diversi percorsi lungo le vie del comune di Candelo alla scoperto del suo patrimonio artistico e architettonico.
Di seguito l'elenco delle chiese principali (alcune accessibili su prenotazione con visita guidata). Clicca sui nomi per avere maggiori informazioni.
Sorta anteriormente all’anno Mille (ma il primo documento è del 1182), è la più antica rettoria-parrocchia di Candelo. Dal 1300, allorquando perse il titolo di parrocchia attribuito a San Pietro, è la chiesa comune dei Candelesi. L’edificio, in origine ad aula unica, fu ricostruito a tre navate, scandite da colonnine di granito, a cavallo dei secoli XIV e XV. La facciata, ornata di un portico realizzato nel 1631 e di una porta lignea, opera di Antonio Ferrarone (1736), fu restaurata nel 1941 su progetto dell’architetto Nicola Mosso. Sul lato destro si leva il campanile (secc. XVI- XVII). L’interno presenta, nella prima cappella della navata di sinistra, dedicata ai SS. Giuseppe e Antonio, un’ancona lignea scolpita da Francesco Aureggio (1667) che incornicia un dipinto (1656) raffigurante San Giuseppe, il Bambino Gesù e Padova. Nella seconda, intitolata a San Carlo Borromeo, l’ancona e la statua lignea del Santo sono opera di Giovanni Battista Serpentiere (1681). La navata si chiude con la piccola cappella di S. Giovanni Battista, con una pala di autore ignoto raffigurante la Sacra Famiglia con S. Elisabetta e San Giovanni fanciullo (inizi sec. XVII), opera tra le più pregevoli del patrimonio artistico di Candelo. L’area absidale fu rialzata nella seconda metà del Settecento. L’altare maggiore in marmi policromi, opera di squisita fattura di Stefano Albuzzi di Clivio (1773), è sovrastato dalla grande tela, eseguita nel 1779 dal bolognese Carlo Bianconi, che raffigura l’Assunzione in cielo della Madonna. Il pulpito finemente intagliato è attribuito a Nicolao Serpentiere (1620 circa). Lungo la navata di destra si apre la cappella oratorio dedicata a Santa Marta e al S. Sudario. Le opere d’arte più antiche e di maggior valore di questa chiesa sono la pregevole tavole dipinta da Boniforte Oldoni di Vercelli nel 1572, che raffigura Cristo in croce con Maria, le pie donne, S. Marta e i confratelli, e gli affreschi sulla volta della navata destra, raffiguranti i Dottori della Chiesa: S. Ambrogio, S. Gerolamo, S. Agostino, S. Gregorio, attribuiti a Gaspare de Fornerio da Ponderano (secoli XV – XVI).
Sorta quale centro religioso dell’antico nucleo di Arbengo, uno dei tre centri del territorio candelese, la chiesa di San Lorenzo nella sua attuale conformazione fu realizzata tra il 1675 e il 1696 su un più antico e fatiscente edificio. L’ignoto autore del progetto dell’edificio, realizzato poi dal maestro Stefano Forgnone, trasformò radicalmente l’impianto architettonico precedente a tre navate realizzando un tempio ad aula unica. La facciata seicentesca fu nel tempo modificata con la costruzione del portico (1788) e con l’apertura delle due porte laterali (1828). Di grande interesse la porta maggiore attribuita a Carlo Francesco Aureggio (inizi sec. XVIII). Sul fianco sinistro tra il coro e l’ultima cappella, si leva il maestoso campanile edificato tra il 1717 e il 1776. La chiesa è dotata di sei cappelle laterali, tre per ogni lato; procedendo dal lato sinistro si incontra dapprima la cappella dedicata all’Addolorata; quindi, delimitata da una balaustra in marmi policromi, quella intitolata a S. Giuseppe; la terza è dedicata al sacro cuore di Gesù. Procedendo in senso orario, sul lato destro si trovano lo cappelle intitolate alla Madonna del Carmine, alla Madonna di Oropa mentre l’ultima, a fianco dell’ingresso, è occupata dal battistero. Sulla parete di fondo è collocata, su di una base pensile, la grandiosa ancona lignea, dipinta e dorata, proveniente dall’altare maggiore della chiesa antica, raffigurante il martirio di san Lorenzo. Ai lati le statue di San Giacomo (in origine S. Eusebio) e di San Grato e, sulle lesene dell’ancona, S. Giovanni Battista e San Rocco. L’opera realizzata tra il 1606 e il 1619 e attribuita ai fratelli Garabello di Biella fa da ancona al maestoso altare maggiore in marmi policromi scolpito da Stefano Catella di Viggiù (1793). La decorazione interna della chiesa è opera del novarese Carlo Bazzi (1826).
La chiesa di san Pietro, citata per la prima volta in un documento del 1222, fu eretta a parrocchia dalla bolla che papa Bonifacio VII emanò il 23 marzo 1300. L’edificio fu ricostruito a partire dal 1679, dopo il crollo della precedente struttura. L’attuale facciata (1932) è opera dell’architetto Nicola Mosso. La nicchia sovrastante il portale centrale contiene il dipinto raffigurante “La consegna delle chiavi a S. Pietro” (Deabate 1932). Il campanile, di Giovanni Sereno, in pietra spaccata e mattoni, fu rialzato e completato nell’800. Lungo la navata sinistra si aprono tre cappelle: la prima, con l’antico fonte in pietra, ospita il battistero; nella seconda, dedicata a S. Anna, un’ancona di Giovanni Cattaneo in stucco e finto marmo (1800) incornicia la primitiva tela dell’altare attribuita al Chiamorra o Zamorra) (1679); la cappella terminale, intitolata alla Madonna del Rosario, ospita un dipinto con il “Transito di S. Giuseppe” (1727). La zona absidale fu ricostruita dopo il 1710 su disegno di Stefano Negro; la volta del coro, datata 1724, si deve probabilmente ai pittori Greggio di Miagliano; al 1768 risalgono l’altare maggiore in finto marmo di Carlo Gallo di Mongrando e la balaustra in marmi policromi di Stefano Albuzzi di Clivio. La grande tela dell’altare maggiore, raffigurante l’”Abbraccio di S. Pietro S. Paolo prima del martirio”e altri dipinti anteriori al 1727, adornano le pareti di coro e presbiterio. Il pavimento in mosaico del presbiterio e della sacrestia è datato 1885. La cappella al fondo della navata destra, dedicata al Sacro cuore di Gesù, custodisce il seicentesco dipinto con il “Battesimo di Gesù”. La seconda, dedicata al Suffragio, ospita un quadro raffigurante la Madonna con Cristo e S. Giuseppe; la cappella successiva, dedicata alla B.V. di Oropa, reca una recente riproduzione lignea della Madonna nera eseguita da Giuseppe Orsini. L’ampia sacrestia settecentesca, alla quale si accede attraverso la porta intagliata (sec. XVIII), conserva importanti arredi, dipinti e sculture lignee del XVII e XVIII secolo.
L’oratorio, dipendente dalla parrocchia di S. Pietro, fu eretto tra il 1640 e il 1643 lungo l’antica strada per Biella con il contributo del Comune di Candelo e di numerose famiglie della Parrocchia di S. Pietro. La chiesetta, a croce latina, ha un’unica navata con due cappelle ai lati dell’abside. L’ampio portico della facciata, sorretto da due colonne di pietra, fu realizzato nel 1667. L’edificio è stato restaurato negli anni Cinquanta. Unica testimonianza del passato è l’architrave ligneo del presbiterio (sec. XVII) intagliato e dipinto. La grande croce antistante l’oratorio proviene dal sagrato della parrocchia di S. Pietro. Da segnalare: il Crocifisso ligneo del biellese Giuseppe Orsini (1960 ca.) e la reliquia della S. Croce.
L’Oratorio, dipendente dalla Parrocchia di S. Lorenzo, sorge nel 1683 su un’antica cappella già dedicata a S. Grato, protettore delle campagne e dei loro prodotti, nell’antico nucleo di Porcignano o Possignano. L’edificio, una piccola e armoniosa aula unica, presenta, sul lato sinistro, l’altare edificato nel 1765 per volontà di Giovanni Falla, già stato dedicato a S. Antonio di Padova e alla Madonna delle Grazie e nel 1982 alla Madonna di Oropa. Al tardo Settecento risalgono probabilmente l’altare maggiore e l’ancona riccamente ornata che incornicia la tela, datata 1687, raffigurante la Vergine di Oropa con ai lati i santi titolari: S. Giacomo e S. Grato. Sulla volta della campata centrale e del presbiterio interessanti decorazioni raffiguranti la colomba, simbolo dello Spirito Santo e motivi a girali d’acanto. Alla piccola elegante sacrestia secentesca si accede da una porticina alla sinistra del presbiterio. Inserito nel muro della controfacciata vi è un catino per l’acqua santa (secc. XVII/XVIII).
Le riproduzioni degli affreschi dei De Bosis si affacciano dalle stesse nicchie e negli stessi luoghi da dove per secoli avevano esercitato la loro azione protettiva sulla comunità candelese ( lungo Via Mazzini, Via s. Sebastiano, VIA s. Croce, via Moglia) . Gli affreschi originari si trovano nella sala degli affreschi , intitolata al dott. Piercarlo Robiolio, presso il centro Culturale Le Rosminiane.
L’arte e la parola dei De Bosis
"Il ciclo di affreschi votivi che decoravano i muri esterni delle case di alcuni ottimati candelesi, realizzato da due generazioni di frescanti della stessa bottega durante un arco temporale di circa trent’ anni, è un evento artistico e storico che non ha equivalenti nell’ area biellese. Si tratta di opere che, al di là del loro valore formale, possiedono il significato di un lascito nel quale con pari rilevanza si rendono manifeste le idee, il gusto e l’ abilità esecutiva degli artisti. Grazie a questi dipinti, in sostanza, abbiamo la possibilità di cogliere le caratteristiche di un linguaggio pittorico della bottega artistica dei De Bosis che dall’ ultimo scorcio del Quattrocento e per il primo trentennio del Cinquecento occuperà, nell’ area biellese, una posizione di assoluta preminenza. Un secondo elemento significativo è la conferma della centralità della figura della Madonna, mater omnium, nella visione mistica e nelle pratiche di culto dei candelesi. La Madonna non solo è il soggetto più ricorrente in questi affreschi ma, nello schema iconografico dei De Bosis, occupa costantemente il centro della scena.Nel grande polittico qui presentato infatti è a lei che i committenti, i coniugi Dorotea e Giovanni Durando inginocchiati, rivolgono la loro preghiera: Maria dunque, non il Cristo, è vicina agli uomini, alle loro sofferenze; la Madonna può intercedere più di altri santi perché le preghiere della Madre sono, per il figlio, irresistibili. Un terzo elemento di grande interesse sul piano del racconto storico si coglie nell’eco dei drammatici eventi accaduti intorno al 1500. Nel dramma generale che investe i principali centri della penisola e la Chiesa e fa presagire l’avvento dell’Anticristo e un’imminente apocalisse."
Foto di: Fotostudio G. Ghirardelli, Giuditta Gagna, Eugenio1982